Storie sulle differenze: idee post-formazione…

Eccoci a stendere, come di consueto, alcune idee emerse durante gli incontri in aula della settimana scorsa, tenuti presso l’Istituto Bassano Cremonesini di Pontevico. Questa volta il tema era quello del lavoro interprofessionale e il taglio differente dal consueto: abbiamo infatti lavorato a piccoli gruppi sul confronto e sullo scambio, sulla costruzione di storie e sulla condivisione di esperienze emotivamente importanti. E’ bello vedere come si riesca a lavorare molto bene anche senza slides e proiettore, senza idee forti da trasmettere, ma solo storie da scambiare e condividere. In quell’aula eravamo tutti alla pari, tutti uniti dal lavoro che facciamo, così profondamente uguale ma anche così apparentemente e sostanzialmente diverso!

Ecco dunque le idee nate “a lato” del corso, cioè riflessioni suggerite da conversazioni con i partecipanti (anche in momenti di pausa) che vale la pena condividere in questa sede!

La prima idea ha a che vedere con l’incredibile tenacia dell’essere umano nel perseverare sempre negli stessi comportamenti, anche se non portano a nulla di buono. La frase simbolo di tale atteggiamento è: “ma quante volte te l’ho detto che non devi…” oppure “sono 20 anni che cerco di farti capire che…”. Evidentemente c’è qualcosa che non va nella modalità del dire le cose, più che nelle cose effettivamente dette all’altro… In queste due giornate abbiamo lavorato molto sul “come” chiedere le cose, cercando di proporre modalità non aggressive di formulare richieste all’altro. Un vecchio adagio di Dale Carnegie recita (più o meno, vado a memoria…) “Se vuoi prendere il miele, non bastonare l’alveare”. Ciò, applicato alle relazioni umane, appare abbastanza semplice: se vuoi qualcosa dall’altro non indisporlo, ma trattalo gentilmente! Eppure, fare ciò, nel dialogo con l’altro è a volte difficilissimo… La rabbia e la tensione (magari accumulate per giorni, mesi, anni) portano a perdere di vista l’obiettivo a lungo termine (cioè ottenere un cambiamento) e portano in primo piano altri obiettivi, forse meno meditati e più istintivi: avere ragione sull’altro, sconfiggerlo definitivamente, umiliarlo e lasciarlo sanguinante a terra… Perché facciamo così fatica a “domare i nostri istinti” per raggiungere un bene comune?

La seconda idea ha invece a che vedere con la forza della narrazione. Da alcuni anni stiamo assistendo ad un ritrovato interesse per le storie, in psicologia, psicoterapia ma anche in filosofia e medicina. Abbiamo potuto sperimentare l’utilità e l’importanza delle metodologie narrative in alcuni contesti di terapia e la settimana scorsa, per la prima volta, in un contesto formativo. E’ stata un’esperienza per noi molto significativa, grazie soprattutto ai partecipanti che si sono messi molto in gioco attingendo a doti artistiche personali davvero uniche! Raccontare storie in modo creativo è utilissimo per aumentare il coinvolgimento dei partecipanti, per rendere più comunicabili le parti emotive più personali e per aumentare l’empatia negli ascoltatori. Così abbiamo raccontato ed ascoltato storie legate a ciascuna professione che mettessero in luce difficoltà e risorse del lavorare con e per gli altri. Tutto ciò tramite modalità espressive differenti: racconti, cronache, monologhi teatrali, disegni, graphic novel, fumetti, dialoghi, poesie in versi… E’ stato davvero bello ascoltare queste storie, grazie!