La terza edizione del corso per personale amministrativo sui temi della comunicazione, la relazione con l’utenza e la gestione dei conflitti presso Fondazione IOS ci ha ricordato che ogni lezione, per quanto possa essere simile nei contenuti presentati da noi, è sempre diversa, perché cambiano le persone che compongono il gruppo in aula. Ringraziando i partecipanti per l’attenzione e la voglia di partecipare, condividiamo alcune riflessioni emerse durante l’incontro…
Sappiamo ancora dirci grazie?
GRAZIE è una parola semplice, è una merce di scambio preziosa, perché la utilizziamo raramente, rischiando di dare per scontato ciò che riceviamo. In alcuni gruppi di lavoro è presente la consuetudine di ringraziarsi a vicenda per il lavoro svolto e questa abitudine rende il clima relazionale più aperto alla collaborazione. È abbastanza facile inserire un “grazie” al termine di una mail o di una conversazione ed è molto piacevole sentirsi ringraziare per scritto o di persona. Non tutte le persone sono abituate a ringraziare i colleghi, per timore che il dimostrare gratitudine possa suggerire un indebolimento del proprio ruolo. In alcuni contesti la cortesia può essere confusa con la debolezza o con la disposizione alla sottomissione. Ad esempio, persone con un ruolo dirigenziale non hanno l’abitudine a ringraziare i collaboratori proprio per il timore di perdere autorevolezza. Ma davvero un dirigente rischia di perdere la propria autorità dimostrando calore relazionale e gratitudine? Saper ringraziare non può essere un’ulteriore competenza relazionale che può valorizzare un dirigente e non sminuirlo? Possibile che la questione del “potere” sia ancora così centrale nelle relazioni, al punto da privare gli individui della cosa che più cercano dagli altri, e cioè il riconoscimento di un valore?
Parlare delle relazioni tra colleghi fa parte del lavoro?
Tutto il tempo del lavoro è assorbito da impegni, mansioni, scadenze e non rimane mai un tempo per parlare di come risolvere i problemi relazionali o di come migliorare la comunicazione in un singolo ufficio o tra i diversi servizi. Le relazioni tra colleghi possono essere un freno enorme alla capacità del gruppo di assolvere ai propri compiti: un gruppo litigioso, la sfiducia reciproca e la difficoltà alla delega sono solo alcuni esempi di ostacoli da superare, non sono strettamente collegati alle abilità professionali, ma le condizionano pesantemente. Nei reparti la collaborazione tra colleghi di differenti professionalità è fondamentale per la presa in carico dei pazienti ed è consuetudine in molte realtà sanitarie istituire riunioni periodiche di equipe. Seguendo questo esempio, non è da sottovalutare il potere di “un’equipe amministrativa”, per coordinare il gruppo e discutere delle difficoltà emerse tra le persone, in modo da gestire i conflitti in atto e proporre soluzioni condivise. Come sarebbe possibile realizzare un progetto del genere? E se il luogo di incontro non fosse “fisico” ma virtuale? Semplificherebbe le cose? Chissà…