Alcune idee su falsità e violenza

Condividiamo qualche appunto su alcune idee che sono emerse nell’arco della giornata di formazione che abbiamo tenuto la settimana scorsa presso Fondazione Sospiro. Il titolo dell’intervento era “Comunicazione, relazione con l’utenza e gestione dei conflitti” e si è parlato, tra le altre cose, di prima impressione, di ascolto dell’altro, di pregiudizi e di forme più o meno visibili di violenza nei rapporti umani. Ringraziamo i partecipanti, molto coinvolti, attivi e portatori sani di idee molto stimolanti.

Riportiamo un paio di questioni che fanno parte del “fuori-programma”, ovvero di quelle considerazioni che emergono dialogando con i partecipanti a partire dagli argomenti proposti, ma che hanno molto a che vedere con comunicazione e conflitto.

La prima questione ha a che vedere con l’utilizzo della “falsità” nelle relazioni umane. Cioè, traducendo in domanda: è lecito simulare cordialità nelle relazioni umane per andare più d’accordo con gli altri? Il fatto è che alcuni studi dimostrano che non sempre siamo in grado noi stessi di distinguere tra verità e simulazione e tanto meno lo sono gli altri (v. ricerche di Amy Cuddy sul comportamento non verbale e sulle posture). Ad esempio gli studi sulle posizioni dominanti (per citarne una: la famosa posizione da Wonder Woman) dicono che assumere tali posizioni per un paio di minuti altera le quantità di testosterone e cortisolo presenti nel nostro organismo, dandoci la percezione di una maggior sicurezza e reattività. Questa alterazione fisiologica e percettiva si verifica sia se assumiamo la posizione involontariamente, sia se la assumiamo in modo volontario, cioè fingendo. Il motto della Dott.ssa Cuddy, “fingi finché non diventa vero” ci ricorda che l’effetto delle nostre azioni sugli altri produce cambiamenti in noi che possono poi divenire effettivi e reali. Della serie: fingo di essere gentile, l’altro risponde in modo gentile alla mia gentilezza e io mi sento più a mio agio e divengo più cordiale in modo un po’ più sincero e meno artefatto. Oppure: fingo sicurezza, gli altri prendono per buono il mio atteggiamento e mi trattano come se fossi davvero sicuro, vedendomi trattare in questo modo, acquisisco sicurezza e divento un po’ più sicuro di quanto non fossi all’inizio dell’interazione. Quindi l’effetto rende reale ciò che all’origine era artefatto… Ma questa si può chiamare finzione? Sorridere da dietro un bancone a un cliente arrabbiato può essere considerato come bieco atto di manipolazione o possiamo pensare che si tratta solo di adattamento funzionale ad un contesto? Fingiamo semplicemente o cerchiamo di cambiare una situazione utilizzando gli strumenti della comunicazione che tutti possediamo fin dalla nascita?

La seconda questione ha invece a che fare con la violenza. Al corso si diceva che di per sé il conflitto non contempla la violenza, che risulta essere solo un tentativo di risolvere la questione in modo diretto e prevaricante. Ciò che rende i conflitti distruttivi è la prevaricazione, la violenza, non la forza e la tensione che c’è tra le parti in causa (quella semmai può essere un potente motore per promuovere cambiamenti!). Si parlava di vari tipi di violenza, più o meno espliciti, e tra le altre cose ci siamo fermati a parlare di forme culturali di violenza (facendo riferimento al famoso modello di Johan Galtung), cioè idee e pregiudizi che legittimano, senza quasi che ce ne rendiamo conto, forme evidenti di prevaricazione. Abbiamo parlato di fischietti nelle scuole (usare il fischietto nelle sale mensa per zittire gli alunni urlanti è lecito? E’ considerabile una forma di violenza?), ma anche di forme più invisibili di violenza, come ad esempio l’utilizzo di immagini crude sui pacchetti di sigarette e la proposta di tassare maggiormente il gioco d’azzardo. Che cosa hanno in comune queste idee? Forse il fatto che sono soluzioni facili e dirette a problemi complessi che andrebbero affrontati con un più ampio respiro… Contengono violenza perché tentano di reprimere comportamenti utilizzando una logica punitiva e prevaricante: anziché cercare di capire, si cerca di stroncare…

Perché i bambini hanno bisogno di urlare in mensa? Perché le persone non riescono a smettere di fumare anche se sanno che è dannoso per la salute? Perché si diventa dipendenti dal gioco d’azzardo? Domande difficili che richiedono riposte complesse…