Settima eco-settimana: non sporchiamo per pulire!

Al termine della nostra settimana fuori e dentro la grande distribuzione (se volete sapere com’è andata a finire cercate il post sulla pagina facebook…), ci siamo resi conto che il settore dell’igiene personale e domestica cela una doppia prospettiva inquinante: il tipo di confezionamento e la composizione.

I detersivi e i vari prodotti per l’igiene personale sono per la stragrande maggioranza contenuti in flaconi di plastica riciclabile usa e getta. Alcuni (sapone liquido, detergente per la cucina…) propongono di riutilizzare il dosatore, ma il contenitore si sostituisce, altri utilizzano ricariche con una minor quantità di plastica (detersivi per il bucato, altri saponi liquidi). Molto più raro è trovare un dispenser di prodotti “alla spina” per riempire sempre lo stesso contenitore.

Il contenuto dei suddetti flaconi è a dir poco misterioso, perché le sostanze sono indicate con sigle o percentuali, ma per lo più decifrabili da addetti ai lavori. Se ci lasciamo guidare dalle spiegazioni comprensibili possiamo distinguere a grandi linee tre categorie di prodotti.

Il prodotto “aggressivo”, per lo sporco più ostinato, che si riconosce dai simboli di pericolo che decorano il retro della confezione come “nocivo per l’ambiente” (raffigurato in modo molto eloquente da un pesce stecchito di fianco a un albero senza foglie) oppure “corrosivo” (simboleggiato da due provette che in egual misura rovinano una superficie e una mano).

Il detersivo “normale”, per la gestione ordinaria, e che in alcuni casi può non essere risciacquato non manca certo di sorprese! Infatti è corredato da un più enigmatico punto esclamativo, che sta ad indicare sia irritante, soprattutto per il contatto oculare, sia nocivo. Senza dimenticare che anche lui può essere nocivo per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata. Insomma se il prodotto aggressivo li finiva velocemente, questo li accompagna verso una malattia cronica?

Per concludere c’è il detersivo “bio, eco o green” certificato da ecocert, icea, ecolabel e/o aiab, tutti enti che garantiscono che il prodotto è composto da tensioattivi di origine vegetale biodegradabili. Questo, che è più rassicurante, è comunque accompagnato dal suo punto esclamativo e ci avverte che non si deve ingerire o mettere a contatto con gli occhi. Sfatiamo quindi un equivoco, anche i detersivi “eco” devono essere trattati con cautela, non fulmineranno l’ecosistema, ma hanno comunque i loro effetti collaterali.

Passiamo a parlare di prodotti per l’igiene personale, nel nostro caso saponi, shampoo e dentifricio. Anche in questo caso leggere l’etichetta con i componenti è abbastanza complesso, per quello che abbiamo capito non ci sono in commercio prodotti riconosciuti come dannosi per la salute, ma certi saponi ad esempio possono suscitare in gruppi di persone reazioni da sensibilizzazione o irritazioni (parabeni, sls, sles). Inoltre alcune sostanze utilizzate per l’igiene del corpo sono derivati del petrolio, come il sles o la paraffina. In questo caso abbiamo pensato di orientarci verso prodotti certificati Ecocert (o simili) che garantiscano un ridotto impatto ambientale durante l’intero ciclo di vita del prodotto.

Il nostro impegno per questa settima settimana sarà quindi su due fronti: da un lato ridurre gli imballaggi cercando prodotti incartati o con contenitori ricaricabili e dall’altro imparare a leggere le etichette per evitare i prodotti ad elevato impatto ambientale!