La teoria del cambiamento nel calcio ad un pallone?

…mentre gli occhi istintivamente si alzano a guardare quel pallone che scavalca recinzioni e dubbi, rotolando nel cielo una traiettoria come d’arcobaleno in bianco e nero.
– Sì – disse piano Gould. Era una risposta a un sacco di domande.

Tratto da “City” di A. Baricco

Ci sono storie in cui la differenza fra benessere e malessere nasce da un’azione. A volte si tratta di un atto potente, estremo, quasi magico. Una partenza sofferta. Un ritorno a lungo atteso. Il chiedere finalmente scusa. Fare un regalo azzeccato. Ritrovare la forza di alzare la testa e guardarsi nuovamente negli occhi. A volte si tratta invece di un’azione da nulla, che sarebbe insignificante nella vita di chiunque altro ma non in quella, un gesto che segna uno spartiacque tra un prima doloroso e un dopo un po’ meno tragico, se non addirittura piacevole. Prendere in mano quasi per caso un libro che era appoggiato lì, sullo scaffale, da mesi, completamente mimetizzato nel caos. Mangiare con calma un panino su una panchina, in una giornata invernale di sole… Sono azioni eroiche o banali, magiche o casuali, che hanno il potere di generare conseguenze inaspettate.

Ci sono poi storie in cui la differenza tra lo stare male e lo stare bene nasce da un pensiero, un’idea o un’intuizione che, da soli, hanno il potere di innescare un profondo cambiamento. A volte sono domande (“Sono davvero felice?” o “Ma che ci faccio ancora qui?” o ancora “Che senso ha lavorare così tanto se poi non ho tempo per spendere i soldi che guadagno?”). Altre volte sono connessioni tra idee o storie, il prendere coscienza di schemi che si ripetono da una generazione a quella successiva (“Cavoli! Sto facendo a mia figlia quello che mia madre ha fatto con me!”), l’intuizione di percorrere una strada già tracciata che però non sentiamo come nostra.

Nel libro “City” di Alessandro Baricco, Gould è un ragazzino affetto da una “rarissima e terribile” patologia: la genialità! Gould segue lezioni universitarie e tutte le persone che lo conoscono pensano che vincerà un Premio Nobel prima del raggiungimento della maggiore età. Il prezzo di questa genialità è però una vita distaccata dal resto dell’umanità, che Gould osserva e “studia” traendo spunti per la creazione di un incredibile mondo interiore, complesso e poetico, che imprigiona, confonde e incanta il lettore. Per Gould la svolta, il cambiamento, ciò che gli permetterà di ri-connettersi con gli altri e di recuperare una dimensione sociale del vivere, sarà un’azione tanto semplice quanto concreta: tirare un calcio a un pallone. Tale azione innescherà una serie di riflessioni ed eventi che daranno una svolta al suo destino, allontanandolo (chissà se per sempre o solo per un breve periodo) dall’illustre e opprimente destino scritto per lui dalla sua innata genialità. Tale azione, del resto, arriva verso la fine del libro, dopo che noi lettori abbiamo potuto apprezzare un lungo periodo di “incubazione”, fatto da una serie di riflessioni, storie ascoltate e create, pensieri, idee e dialoghi, emozioni vissute e idealizzate, fantasie e gesti concreti. In questa storia si può apprezzare come il pensiero e l’azione non siano che l’uno il riflesso dell’altra: il Mondo Interno, fatto di realtà soggettive, fantasie, creazioni e illusioni rispecchia il Mondo Esterno, fatto a sua volta di realtà oggettive, regole e persone reali che agiscono indipendentemente da chi le osserva. E vice versa. Nel racconto, proprio come nella vita (e anche in terapia!), le due dimensioni hanno lo stesso “peso” e si collocano in una relazione circolare di reciproca influenza.

Sempre che la dimensione del pensiero e quella dell’azione si possano davvero considerare come dimensioni distinte… E che non si possa ipotizzare che un pensiero è, di per sé, un’azione concreta tanto quanto tirare un calcio a un pallone.